Hai mai sentito parlare delle “Torri del Silenzio”? In Uzbekistan, nel cuore del remoto Karakalpakstan, ne esiste una che sembra uscita da un racconto mistico: Chilpyk Kala. Questo antico monumento zoroastriano si erge come un miraggio nel deserto, a circa 43 km da Nukus, la capitale regionale. Da lontano la si vede già spuntare, solitaria e maestosa, su una collina che domina il paesaggio piatto e arido.
Chilpyk è una struttura circolare imponente, alta 15 metri e larga 65, costruita tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Ma non è una fortezza e neppure un tempio. Era una Torre del Silenzio, una Dahkma usata per un rituale antico e affascinante della religione zoroastriana.

Lo zoroastrismo è una delle religioni più antiche del mondo, nata più di 3.000 anni fa in Persia. Fondata dal profeta Zoroastro, si basa su un concetto semplice ma potentissimo: scegliere sempre il bene. Nel cuore della filosofia zoroastriana c’è la lotta tra il bene e il male, rappresentati rispettivamente da Ahura Mazda e Angra Mainyu (o Ahriman). Mentre Ahura Mazda incarna la verità, la luce e l’ordine, Angra Mainyu rappresenta il caos, l’oscurità e la menzogna. Ogni persona è chiamata a combattere questa battaglia interiore scegliendo il bene nelle proprie azioni, parole e pensieri.
E il fuoco? Non è adorato, ma è simbolo di purezza. Nei templi zoroastriani, le fiamme sacre ardono senza sosta da secoli e sono curate con grande devozione, rappresentano la continuità della vita e della lotta tra il bene e il male. Alcuni templi, come quello di Yazd in Iran, custodiscono fiamme che ardono da oltre 1.500 anni.
Secondo questa religione, la terra è sacra e non va “contaminata” da un corpo in decomposizione. Così, quando qualcuno moriva, il corpo veniva portato su una torre come Chilpyk, lasciato esposto agli elementi e agli uccelli rapaci. Il vento, il sole e la natura facevano il resto. Le ossa venivano poi raccolte in contenitori di argilla o pietra. Un rituale forte, ma profondamente legato alla ciclicità della vita.
La filosofia zoroastriana, che pone grande enfasi sul rispetto per gli elementi naturali, si riflette appieno in questa pratica. Il fuoco, l’acqua, l’aria e la terra sono visti come pure forze divine, e il corpo non deve essere un ostacolo a questa purezza. La Dakhma quindi diventa una manifestazione di questa visione, un atto di rispetto per la terra e per gli esseri viventi. Inoltre, il ciclo di decomposizione attraverso l’esposizione agli animali simboleggiava la transizione dal mondo fisico a quello spirituale, un passaggio che doveva essere naturale e in armonia con l'universo.

Con l’arrivo dell’Islam e il passare dei secoli, il rituale della Dakhma fu abbandonato. Ma Chilpyk non fu dimenticata: prima torre di segnalazione, poi persino torre per telecomunicazioni, ha continuato ad adattarsi ai tempi. Oggi, sulla sua cima svetta un piccolo tripode decorato con nastri colorati — segni di buon auspicio e spiritualità locale.
Visitare la Chilpyk Kala offre un'esperienza unica: dalla cima della torre si apre una vista a 360 gradi sulle acque del fiume Amu Darya e sul deserto sconfinato, fino a spingere lo sguardo verso il confine con il Turkmenistan. Un luogo che fa capire quanto sia potente il legame tra uomo e natura.
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